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sonetti amorosi 77

iv

le chiome sparse al sole

     A l’aura il crin ch’a l’auro il pregio ha tolto,
sorgendo il mio bel Sol del suo oriente,
per doppiar forse luce al dí nascente,
da’ suoi biondi volumi avea disciolto.
     Parte, scherzando in ricco nembo e folto,
piovea sovra i begli omeri cadente,
parte con globi d’òr sen gía serpente
tra’ fiori, or del bel seno or del bel volto.
     Amor vid’io, che fra’ lucenti rami
de l’aurea selva sua, pur come sòle,
tendea mille al mio cor lacciuoli ed ami;
     e, nel Sol de le luci uniche e sole,
intento, e preso dagli aurati stami,
volgersi quasi un girasole il Sole!


v

durante il bagno

     Sovra basi d’argento in conca d’oro
io vidi due colonne alabastrine
dentro linfe odorate e cristalline
franger di perle un candido tesoro.
     — O — dissi — del mio mal posa e ristoro,
di natura e d’amor mète divine,
stabilite per ultimo confine
ne l’oceán de le dolcezze loro;
     fossi Alcide novel, ché i miei trofei
dove mai non giungesse uman desio,
traspiantandovi in braccio erger vorrei;
     o stringer, qual Sanson, vi potess’io,
ché, col vostro cader, dolce darei
tomba a la Morte, e morte al dolor mio!