con tal luce s’attende,
perché ’l rossor si celi e la paura,
vergognosa fanciulla e mal secura.
Ed ecco allor soletta a me vid’io
venir Lilla la bella,
Lilla la verginella,
la mia fiamma, il mio Sol, l’idolo mio.
Succinta gonna e breve,
quasi al piú chiaro cielo
nebbia sottile e lieve,
ombra le fea d’un candidetto velo;
onde di viva neve
le membra, ch’onestá nasconde e chiude,
eran pur ricoverte e parean nude.
Tra le braccia la strinsi, in sen l’accolsi;
de l’odorato lino
l’abito pellegrino
con frettolosa man le scinsi e sciolsi.
E, benché fra le spoglia
fusse fren mal tenace
a sí rapida voglia,
non fu però ch’io la sciogliessi in pace.
Sdegno, alterezza e doglia
ne’ begli occhi mostrò; pugnò, contese:
dolci risse, onte care e care offese!
Vidi per prova allor sí come e quanto
mal volentier contrasta
o ritrosetta o casta
vergine, e qual sia l’ira e quale il pianto.
Falso pianto, ira finta:
ancorché pugni e neghi,
vuol pugnando esser vinta;
son le scaltre repulse inviti e preghi.
Di scorno il viso tinto,
dar non vuol mai né tôr la giovinetta
ciò che brama in suo cor, se non costretta.