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38 parte prima

da me non si disgiunge;
sol la cagion del foco è da me lunge.
     Tetto, giá lieto e fido
tempio de l’idol mio, ciel del mio Sole,
or solitario nido,
spelunca abbandonata
di spavento e di morte,
chiudi, chiudi l’entrata
de le dolenti porte;
tenebrosa magion, misera mole,
cadi pur, cadi, ahi lasso!
ch’al mio core è saetta ogni tuo sasso.
     Balcon gradito e caro,
che fosti giá di piú sereno die
oriente piú chiaro,
or fatto atro soggiorno
di notte oscura e mesta,
serra, deh! serra al giorno
la finestra funesta;
ché, qualor s’apre a queste luci mie,
con spada di dolore
me n’apre un’altra in mezzo al petto Amore.
     Cameretta fedele,
giá pacifico porto e dolce mèta
de le mie stanche vele,
or che battuto ondeggio
per l’onde e per gli scogli,
poiché morir pur deggio
fra pianti e fra cordogli,
chi mi cela il mio polo? e chi mi vieta
che morte e tomba almeno
non mi dian que’ begli occhi e quel bel seno?
     Letto, del mio diletto
felice un tempo albergo, or del mio duolo
sconsolato ricetto,
se sei pur, come sembri,