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394 | parte nona |
v
il canto del murtola
Liete piagge fiorite, ombrose valli,
apriche collinette, aure feconde,
erbette rugiadose e verdi fronde,
bianchi fiori, vermigli, azzurri e gialli;
e voi, del Barco tortuosi calli,
dove Flora con Zeffiro s’asconde,
e voi de la mia Dora amene sponde,
che ’n sen chiudete liquidi cristalli;
or che ’l maggio comincia a pullulare,
e ’n frotta con gli augei per allegrezza
l’animal di Silen prende a cantare;
dite: — Sentiste mai senza cavezza
dietro a la Mincia un asino ragliare,
ch’al Murtola s’agguagli di dolcezza? —
vi
contro lo stesso
Murtola, tu ti stilli e ti lambicchi
quel cervellaccio da giocar a scacchi,
e da far orioli ed almanacchi;
e ti sprucchi, collepoli e rincricchi.
Ma, mentre in tutti i buchi il naso ficchi,
e con tuoi versi tutto ’l mondo stracchi,
ognun t’appende dietro i tricchi tracchi,
e ti manda a la forca che t’appicchi.
O grande archimandrita degli allocchi,
o supremo archifanfano de’ cucchi,
o burbucione, o matto da tarocchi;
e non ti accorgi omai che tu ci hai secchi?
Vattene ad abitor tra’ mamalucchi,
o farai meglio a conversar coi becchi!