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al poetino
[Giambattista Vitali da Foggia].
Odi ser Poetin, volgiti in qua!
Leggi questa canzon, che viene a te;
e sappimi poi dir come la va.
Quando fra me contemplo chi tu se’,
ti giuro, per la vita del Sofí,
che mi rassembri appunto un Pantalé.
E perché sei piú picciolo d’un I,
questi pochi terzetti ch’io ti fo,
vo’ che ancor essi sien fatti cosí;
e, perché dagli amici anche intes’ho
che a pena intendi l’a, e, i, o, u,
con queste lettre sol ti scriverò.
Or confessa, di grazia, chi sei tu:
uscí di Foggia Vostra Maestá,
o dal paese di Cuccurucú?
A che fai il saccente, se si sa
ch’a fatica imparasti l’a, b, c,
e che mai imparasti il b, a, ba?
Facciamo i conti; dimmi per tua fé:
chi fu che t’insegnò? dove morí?
dove studiasti? e come? e quando? e che?
Chi t’ode a far ognor chicherichí,
non ti dee giá saper com’io ti so
per scatolier del Cieco di Forlí;
il qual seco gran tempo ti menò
sui banchi or per Venezia or per Corfú,
or su l’Arno, or sul Tebro ed or sul Po.