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epitalami e panegirici | 347 |
202
Ottenne giá l’ufficiosa ebrea
del Sol eterno, in sottil velo accolto,
mentre al vicino occaso egli correa,
di sangue ombrato e di sudore il volto:
questi, segnato di flagelli e pene,
del corpo tutto il simulacro ottiene.
203
Sotto ’l favor de la tutrice tela
viva securo pur, dunque, e contento,
ché, qualor la sanguigna ombra si svela,
mette maggior ne’ barbari spavento,
che non fean con gli aspetti orridi e vaghi
del romano pennon l’aquile e i draghi.
204
Né per altra cagion creder mi piace
ch’a sí alta ventura il ciel sortillo,
se non perch’egli incontro al Parto, al Trace
sia difensor del trionfal vessillo,
quasi fra tutti i re degnato a tanto,
confalonier de lo stendardo santo.
205
E dritto fu, ch’ove il figliuol sovrano
di tale e tanto don prodigo fue,
la genitrice ancor con larga mano
piovesse nembi de le grazie sue;
né devea chi da l’un ebbe tal pegno
de’ favori de l’altra essere indegno.
206
Quinci adivien che ne la sacra valle,
lá dove il Regio aventuroso monte
curva le verdi e spaziose spalle,
sporge l’ombrosa ed elevata fronte,
la vergin dea di sua bontate immensa
i tesori immortali apre e dispensa.