Vigilava con loro
presso le care piume
con scarso e debil lume
vacillante favella in doppier d’oro;
e parea dire: — Io moro,
anch’io, luce lasciva,
con voi moro e mi struggo in fiamma viva. —
Ma intanto a dramma a dramma
le bell’alme struggea piú viva fiamma.
Formavan le bell’alme
ed amanti e nemiche
risse d’amor pudiche,
e ’n lieta lizza, a dilettose palme
provocando le salme,
innocenti omicide,
alternavan tra lor dolci disfide,
dove pungenti e caldi
eran trombe i sospiri, i baci araldi.
Pioveano i baci a groppi,
grandinavano a mille;
quante il foco ha faville,
atomi il Sol, cotanti eran gli scoppi.
Amor tenaci e doppi,
piú che d’edre o di polpi,
ordina i nodi e, raddoppiando i colpi
de’ baci senza fine,
il numero scrivea su le cortine.
Mandan le bocche unite
fin giú ne’ cori i baci;
i cori, mal capaci,
trânno ne’ baci fuor l’alme invaghite;
l’alme, d’amor rapite,
sen van felici e liete
nel fonte del diletto a trar la sete,
lá dove lor son fatte
poppe le labra e la dolcezza è latte.