era alle belle membra
noioso troppo ed importuno impaccio.
Le chiome d’oro, allora
sprigionate dal nastro,
che ’n carcere pur d’oro le stringea,
con aureo piè correnti,
godean la libertá senz’alcun freno
sovra il candido seno:
candido sí, ma ’l bianco avorio ignudo,
che di vivi cristalli
imperlava il sudor, di bei smeraldi
ingemmavan le fronde.
Posavano non lunge
l’idalie serve e, ’n triplicato nodo,
tutte insieme ristrette,
sotto quercia frondosa eransi assise.
Chi qua, chi lá dispersi,
ovunque era ciascun da l’ombra folta
invitato, giacean vaghi e lascivi
i pennuti fanciulli:
pendeano intanto da’ vicini tronchi,
breve riposo ai tormentati cori,
pacifiche e dimesse
le faretre omicide; e quinci e quindi,
agitati dal vento,
ondeggiavano gli archi,
archeggiavano i rami.
Parte di lor vagando
vigilante scherzava, ed o tra’ mirti
spiava occultamente
de’ semplici augelletti i chiusi nidi,
o pur, seguendo e ricercando a prova
de’ pampinosi tralci i verdi germi,
cogliean grappoli e pomi, e lievemente
su le cime degli olmi
si posavan su l’ali. Altri si stava