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i

venere pronuba

Per le nozze di Giovan Carlo Doria e di Veronica Spinola.

     Tra i ligustici poggi,
nel grembo erboso e molle
d’una spelonca opaca,
tapezzata e contesta
d’edre e corimbi e di viticci ed uve,
su l’estivo meriggio,
dal rezzo lusinghiero
allettata, dormia Venere bella.
Tra cumuli di fiori avea sul prato
stesi i membri celesti.
Presso lo speco ombroso
mormorator ruscello
le lambiva il bel piede, e l’aura fresca
sotto i pampini verdi i biondi raspi
le ventilava intorno.
Al volto stanco, a la sprezzata guancia
crescean molto di grazia il sonno e l’ombra.
Spoglia bianca e succinta al divin corpo
era velo sottile,
sottile e lieve in guisa
che, quasi lenta e delicata aragna,
le bellezze piú chiuse e piú secrete
copria, ma non celava:
pur, quantunque leggiera,