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versi di occasione | 309 |
lii
a carlo emmanuele
duca di Savoia.
(c. 1608)
O se mai (come spero e come parmi
veder, signor) quel ribellante infido,
c’ha sul lago Leman refugio e nido,
fulminato cadrá per le vostr’armi,
fien mal capaci a contenere i marmi
il vostro nome in ogni stranio lido;
del valor vostro il glorioso grido
fien mal possenti a sostenere i carmi.
Ed io, se ben non deve i raggi vostri
fosca penna adombrar, né ben si serra
opra sí chiara in tenebrosi inchiostri,
scriverò pur: «Duo gran campioni in guerra
da l’aquilon precipitâro i mostri:
Michele in cielo, Emanuello in terra».
liii
allo stesso
pel suo giorno natale.
Tonate, o bronzi concavi e sonori,
e salutate da l’eccelsa ròcca,
con lingua ardente e con ferrata bocca,
del gran Sol di Savoia i lieti albori.
La nera gola e ’l cupo sen, che fuori
con orribile scoppio aventa e scocca
tempeste, onde mortal grandine fiocca,
vomiti fumi e partorisca ardori.
Voli in rapidi globi il piombo greve,
e le fiamme festive intorno sparte
stemprin de l’Alpi la tenace neve;
ch’onorar d’altra guisa, o con altr’arte
che con fulmini e foco, altri non deve
colui, che è foco e fulmine di Marte.