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304 | parte sesta |
xliii
a tomaso pecci
gentiluomo e compositore senese,
che aveva messo in musica la Canzone de’ baci.
(1601)
Quelle de’ miei piacer dolci e lascivi,
ma di piacer, ma di dolcezza vòte,
e di vitali baci impresse note,
baci però di vita indegni e privi;
or tu, fatte soavi, orni ed avivi,
Pecci, e concento a le celesti rote
egual ne traggi, ed armonia, che pote
dar le piante a le piante e tôrle ai rivi.
Malgrado omai del tempo e de l’oblio,
spero, vivrá, se ben morrá lo stile,
immortal nel tuo canto il canto mio.
Tal suole, in licor dolce, amaro e vile
frutto addolcirsi, e tal rozza vid’io
pianta innestarsi, e divenir gentile.
xliv
nel giungere a fiorenza
(1601)
Pace a voi, liete piagge, aure ridenti
d’Etruria bella! I’ ti saluto, o caro
Arno gentil, cui d’ogni grazia ornâro
tutte a prova le stelle e gli elementi.
Ecco, pur di te gli occhi a far contenti
mi guida il ciel, dopo tant’anni avaro;
di te, per sí chiar’alme assai piú chiaro
che per le tue sí pure acque lucenti.
Di te nacque quel buon, ch’arse fenice
di nobil fiamma, e dal tuo sen fecondo
l’un e l’altro cantor di Laura e Bice.
Fiume giá non dirò, ch’al mar secondo
non sei, ma piú del mar degno e felice:
quel solo un Sol, tu tre n’apristi al mondo.