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versi di occasione 297

xxix

a francesco di castro

che doveva andare con l’armata contro Algeri.

     Udir parmi di qua l’alte querele,
giovinetto real, nato d’eroi,
de le donne d’Algier, quando fien poi
giunte colá le gloriose vele.
     Mentr’arderá la pugna aspra e crudele,
mirando d’alto i pregi illustri tuoi,
sotto la spada, onde tant’osi e puoi,
temeranno non caggia il lor fedele.
     Ma, s’egli avien che lo splendor lampeggi
degli occhi ardenti, e ’l crin de l’elmo fòre
d’onorati sudori umido ondeggi,
     temeran di se stesse, e, punte il core
di te, diranno: — Ahi, che da’ sommi seggi
in sembianza di Marte è sceso Amore! —


xxx

al duca cesarini

     Spesso il mio pigro ingegno inalzo e sveglio,
e per cantar di te, che ’l mondo noma
da chi del primo impero ornò la chioma,
gravi rime e purgate aduno e sceglio.
     Ma, mentre in te m’affiso, unico speglio
del gran lume latin, pregio di Roma,
qual uom che cada per soverchia soma
manco al gran peso, e ch’io mi taccia è il meglio.
     Pur non sdegnar se ’l mio stil fosco in parte
tuoi chiari onori in breve spazio stringe,
ampio subietto a piú famose carte.
     Cosí leggiadra mano ombreggia e finge
rozzo carbon, che poi piú nobil arte
d’illustri e bei colori orna e dipinge.