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versi di occasione | 293 |
xxi
in morte di filippo ii
(1598)
Vinto e sommesso oltre i confin del polo
l’Indo al suo giogo e l’ultimo Oceáno,
domo l’Insubre, oppresso il Lusitano,
lasciato il Belga in memorabil duolo;
fugato in sul Danubio il tracio stuolo,
rotto in Ambraccia il perfido Ottomano,
tolto l’orgoglio al Siro, a l’Africano,
fatto di mille imperi un regno solo:
poiché de’ pregi a l’onorata salma,
che l’invitto Filippo accolse e strinse,
non mancava altra omai vittoria o palma;
vincitor di duo mondi, alfin s’accinse
al mondo de le stelle, e pur con l’alma,
non potendo con l’armi, il vide e vinse.
xxii
giungendo a roma
nell’anno santo.
(1600)
Felici colli, simulacro vero
del valor de le chiare alme latine,
in cui serpe fra l’edre e le ruine
la maestá del giá caduto impero;
non per veder nel Campidoglio altèro
statue o colonne incenerite alfine,
né quanto de l’antiche opre divine
contra ’l tempo e l’oblio si serba intero;
ma per baciar de la salute il segno
sul piè del gran pastor sacrato e santo,
dietro l’orme del core a voi ne vegno;
e ’l sangue e l’ossa degli eroi, che tanto
qui sudâro a fondar piú stabil regno,
lavar pietoso ed ammollir col pianto!