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versi di occasione | 287 |
ix
ai corsari
che infestavano le spiagge di Taranto.
(1594)
Arpie del mar, che da l’estreme sponde
venite a depredar le nostre arene,
e fosco intorno il ciel lasciate, e piene
di spavento e d’orror le piagge e l’onde;
lunge da queste rive alme e feconde,
e da queste innocenti aure serene,
l’ali spiegate, e ne le proprie vene
ite a sfogar l’avare voglie immonde.
Schiera d’ingordi e spaventosi mostri
Proteo contro v’irríti, e ’l re de’ venti
l’acque e i nembi congiuri a’ danni vostri.
Venga chi degli artigli aspri e pungenti
l’arme rintuzzi, ed a le penne e ai rostri
sien le stelle nemiche e gli elementi.
x
i turchi a taranto
(1594)
Ecco, da’ suoi riposti ermi confini
move a’ danni d’Italia il fèro Trace,
e la nostra a turbar tranquilla pace
spiega superbo i temerari lini.
Giá sotto i curvi abeti e i cavi pini
geme, rotto da’ remi, il mar vorace;
al corso, al grido orribilmente audace
treman le rive e i bei colli vicini.
Vinto fu dianzi, e pur non teme o langue:
sassel de’ sacri eroi l’invitto scoglio,
e di Naupatto i lidi e d’Azzio il sanno.
Ite, schiere animose, e il duro orgoglio
rompete voi del barbaro tiranno,
troppo di furti omai vago e di sangue!