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versi di occasione | 285 |
v
per una donna uccisa dal suo amante
Quando il fèro omicida irato sciolse
del caro nodo l’anima gentile,
e giacque, qual fior tronco a mezzo aprile,
lacero il velo, onde ’l Fattor l’avolse;
non pur le pompe sue, che ’l Ciel le tolse,
pianse Natura, impoverita e vile,
ma ’l duro e crudo ferro oltre suo stile
intenerissi e, per pietá, si dolse.
La man sol pronta a l’atto empio s’offerse,
che nel bel fianco, onde gemendo uscío
lo spirto, il varco sanguinoso aperse.
Dolce fe’ troppo di sí acerbo e rio
colpo vendetta Amor: tacque e sofferse,
ma de’ begli occhi il feritor ferío.
vi
in morte d’un giovinetto
Se’ pur giunto a quel nido almo natio,
quasi colomba amorosetta e pura,
garzon felice, a cui con tanta cura
sospirava, volando, il tuo desio.
Giá, qual d’Ida il fanciul, te non rapío,
vaga di tue bellezze, aquila impura;
ma stuol d’angeli eletti a quest’oscura
valle t’ha tolto, e ricongiunto a Dio.
Or statti a rallegrar l’anime belle
giá del mondo, or del ciel fregio ed onore,
giá fra gli uomini chiaro, or fra le stelle.
Era indegna di te, del tuo splendore
la terra vil... Cosí si tronca o svelle,
per ornarne poi tempio, il piú bel fiore.