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268 | parte quinta |
iii
venere ignuda
opera attribuita a Fidia.
La dea, che ’n Cipro e ’n Amatunta impera,
quando, dove a te, Fidia, ignuda apparse?
Forse quando l’Egeo, che d’amor n’arse,
solcò nascente in su la conca altèra?
o pure allor che da la terza sfera
al troiano pastor venne a mostrarse?
o lei vedesti i bei membri lavarse
lá ne’ fonti di Pafo e di Citera?
Forse (e ben esser può) scolpisti lei,
mentre che, ’n braccio al fèro dio de l’armi,
era vago spettacolo agli dèi?
Cosí pens’io, né meraviglia parmi;
ché, s’ogni dio vi fu, tu pur dio sei,
ch’uomo non è chi può dar vita a’ marmi.
iv
amore che dorme in una fontana
Benché di fredda pietra
sovra l’umida sponda
senza face e faretra
mi giaccia e dorma al dolce suon de l’onda,
alcun però non sia
che sprezzi il mio valor, la fiamma mia,
né l’affidi il vedere
ch’Amor, fatto di pietra, acque distille;
ché da le pietre ancor escon faville.