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le pitture e le sculture | 261 |
e, trattando la penna, alzai le penne
colá dove egli venne
a scriver sovra i dí caduchi e frali
di quest’anno mio breve anni immortali.
xxiv
Del drapello d’Ignazio al bel governo
de la gran navicella
scelto quaggiú da l’Argonauta eterno,
contro il furor del gelido aquilone
che dal settentrione
movea crudele ed orrida procella,
e contro i fieri inganni
degli assalti britanni,
trattai di santitá remi possenti,
scoccai di veritá fulmini ardenti.
xxv
Diasi a le fiamme il mio ritratto vero;
fiera calunnia, iniqua invidia, godi.
Non farete però che ’n mille modi
pur non rimanga in mille carte intero.
Degli altrui scritti giudice severo,
non mi nomina alcun che non mi lodi;
fûr le censure mie saette e chiodi,
onde trafissi altrui, critico arciero.
Quando il tutto compose e ’l tutto ordío,
autore inemendabile e perfetto,
non mi vòlse presente il sommo Dio.
Forse securo allor d’esser corretto
stato non fôra, e che non trovass’io
nel poema del mondo alcun difetto!