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254 | parte quinta |
ix
— Fuggi, fuggi lontano:
ecco il nemico vincitor si vede
giá vicino, che riede! —
Cosí, timido e smorto, a Bruto audace
disse un fido seguace.
— Fuggirò, non col piè, ma con la mano, —
risponde, e ’l ferro stringe e ’l petto fiede.
Veramente romano,
a cui fu sol concesso
prepor la patria al padre ed a se stesso!
x
Fiorîr ne’ tuoi begli orti, o de’ grand’avi,
ch’ebber d’Etruria a possedere il regno,
generoso nipote, inclito pegno,
d’ogni nobil virtú germi soavi.
Prudenza e cortesia tenner le chiavi
dell’uscio sacro, ove d’entrar fu degno,
ape felice, ogni piú chiaro ingegno,
a compor d’aureo mèl celesti favi.
Pasceano a l’ombra de’ beati allori,
morte prendendo e povertate a scherno,
cigni, la tua mercé, sempre canori.
E se pur (colpa alfin d’orrido verno)
marcîr que’ frutti, inaridîr que’ fiori,
resta ancor del tuo nome odore eterno.