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246 | parte quinta |
xv
ecce homo
di Rafaello da Urbino.
È questa, oimè, del tuo celeste figlio,
l’imago, o re del ciel? son queste quelle
guance sí care agli angeli e sí belle,
che diêr l’ostro a la rosa, il latte al giglio?
Son questi i sereni occhi? è questo il ciglio
ond’ebbe il sole i raggi e le fiammelle?
questo il crin da cui l’òr trasser le stelle,
or tutto, ahi lasso! lacero e vermiglio?
Qual cruda man commise il crudo scempio?
e qual pietosa de le membra sante
ritrasse in vivo lino il caro essempio?
Questo sol ti sia specchio, anima errante;
Dio novo Dio fe’ l’uomo. Ahi, fu ben empio
l’uom, ch’a Dio tolse d’uom forma e sembiante!
xvi
il martirio di santa caterina vergine
del Contarini.
Questa in ricca tabella
bella tra’ ceppi e tra le rote imago,
de lo real di Dio sposa ed ancella,
opra è de l’arte, ed ella
fa che viva e che spiri.
Chiedi tu, che la miri,
ond’è che non favella?
Non sa la vergin bella
(tanta sente dolcezza infra i martíri),
non che voci formar, tragger sospiri.