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idilli mitologici 223

vii

atteone e diana

(Dall’Atteone).

     Tra le verdi, frondose, antiche piante
d’un, non so se dir deggia
boschetto o paradiso,
mi scòrse empia ventura.
Paradiso, s’io miro
al ben che vi trovai;
inferno, s’io mi giro
al mal che ne portai.
Sai che l’anno è sul mezzo
de la stagion piú calda. Era nel centro
de la sua rota il giorno,
e le colline e i campi,
rapido in ciel poggiando,
fendea, fería con tanta forza il Sole,
che, novello Fetonte,
rotar quasi parea
molto vicino a terra il carro d’oro.
Sotto il celeste cane
languíano erbette e fiori;
ne le piú cupe tane
ricovravan le belve;
le piú riposte selve
cercavano gli armenti;
e ’ncontro ai raggi ardenti
facean schermo ai pastori
onde fresche, ombre fosche, antri ed orrori:
quando la casta e cacciatrice dea,
in compagnia de le piú care sue
faretrate donzelle,