Giá di sotto e di sovra
sol cielo e mare intorniava in tutto
la bella donna, ed ella,
quando non vide alfin che stelle ed onde
lacerandosi il crin, battendo il seno,
in queste voci flebili e pietose
doleasi amaramente:
— Dove, dove mi porti,
troppo, ahi pur troppo ardito
e temerario tauro?
Chi se’ tu, nel cui petto
tanta regna baldanza,
che, senza temer punto
l’altissima de l’acque
profonditá vorace,
varchi con piede asciutto
pelago periglioso,
che formidabil fôra
a ben spalmata nave?
Lassa! che fai? che speri?
Chi fia per questi campi
la tua guida, il maestro?
Oimè! qual erba o cibo
troverai che ti pasca?
e come e donde avrai
onda dolce da bere?
Certo, quant’io mi creda,
certo alcun dio tu sei,
che la divina forma
di rozza spoglia ammanti;
però ch’a la sembianza
ed agli atti ed a l’opre
non rassembri terreno.
Ma, s’è ver che sii tale,
perché cose fai meco
di deitate indegne?