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idilli mitologici 213

gli orna di fior le tempie,
gli fa vezzi a le nari,
liscia la fronte e con sottil zendado
da la bocca talor terge la spuma;
talora il bacia, e quegli
le si corca appo il lembo,
con la vista le ride,
con la coda l’applaude e sparge intorno
muggiti soavissimi e canori;
e piú gradisce ed ama
da la semplice man gli offerti fiori,
che de’ suoi tanti altari
le vittime e gli odori.
     Ond’ella, intenta al fanciullesco gioco,
parla a l’amiche ninfe: — O voi, s’avete,
fide e care compagne,
di meco qui pargoleggiar vaghezza,
venite ove n’alletta
questo gentil meraviglioso mostro,
questo torel cortese,
in cui vive, cred’io,
amoroso intelletto,
ed a cui de l’umano,
tranne sol la favella, altro non manca.
Vedete che bel seggio
mansueto n’appresta? Omai qui tutte
(ché tutte n’accorrá su l’ampie terga)
cavalchiam per diletto! —
     Cosí dice, ridendo, e, mentre l’altre
indugiano a ciò far, sovra gli salta.
Gli omeri allor le porge
lo dio sagace, ed a l’amata soma
oh come volentier sotto si stende!
Sorge in piè, poi ch’è carco, e passo passo
verso il mar si ritragge, indi, a gran corso
sollecitato e spinto