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idilli mitologici 211

bella figlia d’aprile,
sí come a lei sembiante
verginella e reina,
dentro la reggia de l’ombrosa siepe,
su lo spinoso trono
del verde cespo assisa,
de’ fior lo scettro in maestá sostiene,
e, corteggiata intorno
da lasciva famiglia
di zefiri ministri,
porta d’or la corona e d’ostro il manto.
     Mentr’ella in cotal guisa
d’ogni ricchezza lor spogliava i campi,
e de l’accolte spoglie
facea lavacro poi l’onda vicina,
videla Amor, Amor, de’ sommi dèi
unico domator, videla sciolta
da’ suoi lacci tenaci ir per la piaggia,
fastosetta e superba; e tosto a Giove,
al gran Giove additolla. A pena in lei
il monarca del ciel volge lo sguardo,
che, di tanta bellezza acceso ed ebro,
fra sé rivolge come
la semplicetta inganni, e come insieme
a la gelosa sua l’inganno celi.
     A l’astuto Cillenio impon che cacci
da la montagna al lido
gli armenti circostanti;
indi subitamente
l’alta divinitate in tauro asconde:
tauro non giá vilmente in mandra nato,
nato a l’aratro o al carro,
ma di fattezze nobili, e d’aspetto
superbo, e non feroce.
Biondo è il color del manto,
ma fosca è l’ampia fronte,