emulo del celeste,
segnava in esso un bel sentier di latte,
fatto stella cadente,
precipitò dal suo fiorito cielo,
e di candidi fiocchi
tempestò lievemente il prato erboso.
Il giacinto vezzoso,
libro de la Natura,
ne’ fogli de le foglie
giá cancellata degli antichi lai
la pietosa scrittura,
tutto per man d’amore
lineato a caratteri di sangue,
espresse queste note in un sorriso:
— Io cedo al tuo bel viso! —
Il papavero molle
alzò dal grave oblio,
colmo di meraviglia,
la sua vermiglia e sonnacchiosa testa,
e ’n piè risorto ad emular le rose
di fina grana imporporò le gote;
ma poi, vinto e negletto,
per gran doglia ricadde, e doppiamente
arrossí di vergogna, arse di scorno.
Alcun non fu di quella
adulatrice e lascivetta schiera,
che, per esser da lei mirato e còlto,
non le fêsse di sé cortese invito.
Ma la real fanciulla
sdegna i plausi vulgari
de la plebe odorata, e corre solo
dove festeggia e ride
folgorando tra l’erba
l’occhio di primavera,
la porpora de’ prati,
la fenice de’ fiori, ove la rosa,