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idilli mitologici 209

d’amoroso pallor tinta la guancia,
tramortí di dolcezza in braccio a l’erba.
     Clizia, d’Apollo amante,
per meglio vagheggiar de le due luci
il gemino levante,
levossi alta in sul gambo, e fu veduta
in un con le viole
a lei girarsi e ribellarsi al Sole.
     L’innamorato giglio,
iride de la terra,
umidetto di brine,
al lampo de’ begli occhi
piú pomposo divenne: accrebbe, in vista
del bianco seno e de’ cerulei lumi,
il candido il candore,
il cilestro il colore.
     Il lieto fiordaliso
languí d’amor soavemente anch’egli.
Sospirò lagrimoso,
lagrimò sospiroso, e fûr rugiade
le lagrimette, i sospiretti odori.
     Il leggiadro narciso,
sazio omai di specchiarsi
nel fonte lusinghiero,
si fea specchio il bel volto, ed, invaghito
di sí rara beltá, col proprio essempio
le ’nsegnava a fuggir l’acque omicide.
     Il vago e biondo croco,
mandando fuor de le purpuree labra
odoriferi accenti,
con tre lingue di foco
supplice la pregava
per grazia a côrlo ed a raccôrlo in seno.
     Il candido ligustro,
che, qual minuta stella
imbiancando de l’orto il verde tetto

G. B. Marino, Poesie varie. 14