l’odor de’ fiori e ’l mormorio de l’acque,
con la schiera seguace il piè ritenne.
Avea ciascuna in man di vario intaglio
da ricettare i fior vago canestro;
ma la vergine altèra
era scelta a portar calato d’oro,
del gran labro di Lenno alta fatica.
Spaziando sen giva
per la stagion fiorita
la bella giovinetta,
desiosa d’ordire
ghirlande e serti a le dorate chiome,
e, con la man di latte
scegliendo ad uno ad uno
fra le tenere gemme i piú bei fregi,
se ne colmava il grembo, e ’l grembo colmo
tutto votava poi ne l’aureo vaso.
Sotto il bel piè ridea
tutto il popol de’ fiori;
e, sí come a lor dea chini e devoti,
movendo tra se stessi
ambiziose gare,
quasi d’arabi incensi
le fean de’ propri odor votive offerte.
L’immortale amaranto,
vago d’esser reciso
da la nova d’amor parca innocente,
parea da man sí bella amar la morte.
Il pieghevole acanto
a l’edra ed a la vite
invidiò le braccia,
per far tenacemente
a cotanta beltá dolce catena.
La gentil mammoletta,
dal caro peso oppressa
di quelle vaghe piante,