No, no, che d’altro nodo
piú saldo e piú tenace,
mi tien legato il core,
né mi dá morte Amore.
Sorbir tòsco nocente
per uscir di ogni affanno
fôra miglior partito;
se non che ’l petto ho pieno
d’amoroso veleno,
e pur di duol non esco!
Debbo affiggermi forse
su la sinistra poppa
due vipere mordaci?
Ma questo che rileva,
se tra gli aspi e le serpi
de l’empia gelosia
io vivo tuttavia?
S’io credessi col ferro
quest’anima infelice
discacciar dal suo nido,
con acuto coltello
vorrei passarmi il fianco.
Ma questo è van pensiero,
perché dal cieco arciero
son con mille saette
in mezzo al cor ferita,
né pur lascio la vita.
Ahi! per me non si trova,
dunque, a trarmi di pena
pena bastante? e, mentre
senza morir mi moro,
sará per maggior male
la mia morte immortale?
Lassa, lassa! che parlo?
Quando per questa mano
l’ufficio alfin s’usurpi