il Semitauro fiero.
Lingua mia folle, ah, taci,
ché di colui ch’adoro
lo scherno ancor m’è dolce,
l’inganno ancor m’è caro!
Teseo mio, ti perdono;
torna, deh! torna indietro;
menami teco, e poi
ti servirò d’ancella,
se non vorrai di sposa.
Ti tesserò le tele
per la novella moglie;
t’acconcerò le piume,
dove con lei ti corchi;
darò l’acqua a le mani,
se non con altro vaso,
con l’urne di quest’occhi:
pur ch’io goda de’ tuoi
il desiato raggio,
in ufficio sí vile
mi terrò fortunata.
Tu, che del mar sei nata,
madre d’Amor benigna,
bellissima Ciprigna,
perché nel mar permetti
un tanto tradimento,
né fai ch’arresti il vento
la fuggitiva armata?
Che farò, sventurata?
Ho perduto in un punto
Creta insieme ed Atene,
e genitore e sposo.
Lassa! dove rimango?
Misera! dove andronne?
Drizzerò forse i passi
al patrio monte Ideo,