e, fatto nel baciarlo
del suo spumoso argento
con quel latte animato
paragon di candore,
vinto cedeagli e ritirava il passo.
Stupido e tutto pien d’alta vaghezza
pende da quell’oggetto
l’immortal giovinetto. Ancor sul mento
il bel fior giovenil pullula acerbo.
L’asta del verde tirso,
la cima armata di pungente ferro,
ha ne la destra, e vi s’appoggia alquanto;
tien di branche di viti e di corimbi,
che gli scusano insieme
e cappello e ghirlanda,
impedita la chioma, onde pendenti
di bacche nere e grappoli vermigli
tremolanti leggiadri
fanno dolce ombra a l’infocato volto.
Sfavillan gli occhi d’un purpureo raggio,
e tra viticci e tralci
spuntan fuor de le tempie
di curvo e lucid’osso
duo ben formati e pargoletti germi,
che di Cinzia crescente
fanno vergogna a le superbe corna.
Picchiata spoglia d’indica pantera
è la sua vesta, ed un bel zaino fatto
di pelle pur di cavriuol selvaggio
va per traverso a circondargli il fianco.
Mirala e non respira
tra gioia e meraviglia,
piú d’amor che di vino ebro, Lieo;
e se non fusse il pampinoso impaccio
de’ racemi intrecciati e de le foglie
che gl’implican la fronte,