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idilli mitologici 183

chi fuggi, ahi folle! ed io chi seguo, ahi lasso?
Fuggi chi t’ama e chi ti segue, e seguo
chi m’odia e fugge, e il mio dolor non cura.
O dèi selvaggi, o boscarecce dèe,
voi dèe, voi tutte dèe, qui qui vi chiamo.
Fermate il corso, ritenete il passo
de la bella e crudel Siringa mia!
Amore, e tu c’hai il laccio e tu c’hai l’ali,
l’aggiungi e ferma, e, tu che puoi, l’affrena.
Oh lasso, oh lasso me! —
     Qui tacque, ed arrestò la voce e ’l corso
tutto sospeso, e sovrafatto insieme
di stupore e di duol, qual uom che cose
veggia repente, a meraviglia strane.
Fermossi, ché mirò presso la riva,
ove ’l vago Ladon le rapid’onde
superbamente mormorando frange,
cader la ninfa sbigottita e lassa,
che, veggendosi omai sorgionta e presa,
né del profondo rio col piede asciutto
potendo oltre varcar l’acqua e l’orgoglio,
umile inver’ lo ciel gli occhi rivolse,
ebri di pianto, e, lagrimando, sparse
a le care sorelle umide ninfe
ed a la casta dea prieghi e querele.
Tal fu l’affetto e fûr sí caldi i voti,
che per virtú di sovrumana forza
d’altra spoglia si cinse e d’altra forma,
e cangiò volto e tramutò sembiante,
e le due braccia in piú rampolli sciolse,
e de la gonna la pieghevol falda
in cento foglie e le giunture in cento
nodi raggiunse, e fu rivolta in canna.
     Che feo, che disse poi, lasso, ch’ei vide
in frale scorza il suo tesoro amato
chiuso, e l’alma e la vita? A l’infelice