Pagina:Marino Poesie varie (1913).djvu/190

178 parte quarta

de l’onde sorde in un quanto feroci.
E, rapidi e veloci,
sovra l’orride piume
i suoi preghi e i lamenti
via portandone, i venti
spenser del fido polo il picciol lume;
ond’ei, che ’l vide estinto,
restò perduto e vinto.
     Poi che s’avide alfine
non poter far piú schermo
incontr’a l’onde orribilmente irate,
ver’ le piagge vicine,
stanco, anelante, infermo,
drizzò le luci languide e bagnate,
e disse: — O rive amate,
ecco ch’io manco e moro.
Morrò, ma la mia spoglia
in voi, prego, s’accoglia,
sí che la veggia poi quella ch’adoro,
e ’l mio sepolcro sia
ov’è la vita mia. —
     Volea piú dir, ma ’l flutto,
avaro del suo scampo,
le parole col corpo in un sommerse.
Tosto che, scosse in tutto
dal matutino lampo
le tenebre notturne, i lumi aperse
Ero infelice, e scerse
biancheggiar su l’arena,
misero e fatto gioco
de l’acque, il suo bel foco,
disse piangendo, e poté dirlo a pena:
— Ahi! tolga il ciel ch’io viva! —
e cadde in su la riva. —
     Cosí cantò nel mar Licone assiso,
né pescator fu al canto
che non versasse pianto.