tu, che per entro i foschi
alberghi de le belve
segui il fugace tuo, querula amante;
lieve spirito errante,
stridul’aura infelice,
de l’altrui parlar vago
invisibile imago,
degli inospiti orrori abitatrice;
se del mio duol ti dole,
odi le mie parole.
Le mie parole ascolta
da quest’ombrosa grotta;
ma non ridire altrui ciò ch’io ragiono.
Tu, da le membra sciolta,
voce flebile e rotta,
accogli pur de le mie voci il suono;
ma, se care ti sono,
teco le chiudi e serba,
e questa pietra oscura,
ch’a te fu sepoltura,
e de la pena tua grave ed acerba
ancor freme e rimbomba,
del mio dolor sia tomba.
Non perché ’l mio cordoglio
resti occulto e secreto,
e l’altrui feritá non si rivele,
misero! ma non voglio,
s’è del mio mal sí lieto,
ferir con suon pietoso il ciel crudele;
né che triste querele
vadan tra gente allegra
turbando l’altrui festa
con memoria sí mesta.
Qui dunque, qui tra l’ombra opaca e negra,
fuor di gioia e di speme
stiamo piangendo insieme.