Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
154 | parte terza |
iii
eco
In un bosco frondoso,
presso un antro solingo,
secretario fedel de’ suoi dolori,
tra dolente e pensoso,
l’infelice Siringo,
stanco omai di seguir l’empia Licori,
pose freno agli errori;
e, poi ch’assai si tacque,
a lo speco si volse,
e sí dolce si dolse,
che ne sospirâr l’aure e pianser l’acque.
Le note udí Selvaggio,
e scolpille in un faggio.
— Ninfa — dicea, — giá ninfa,
or voce ignuda e tronca,
pronta seguace degli estremi accenti;
tu, che con questa linfa
da la cupa spelonca
ragioni e con gli augelli e con gli armenti;
tu, che, de’ miei lamenti
pietosa e de’ martíri,
obliando i tuoi stessi,
sí come pur volessi
porgere aita a’ miei stanchi sospiri,
le mie pene accompagni
ed al pianger mio piagni;
oracolo de’ boschi,
anima de le selve,
cittadina de l’ombre, ombra sonante;