fusser capre ed agnelli,
questi faggi e quest’elci
fusser giovenchi e vacche,
le mammelle fontane, argento il latte,
e di seta le lane e d’òr le corna,
io per me non torrei questi né quelli
piú che solo un tuo sguardo.
Se quanto esperto sono
ne la fucina ove mi scalda Amore,
tanto fossi anco esperto
ne la fabril fornace
dove di bianco in giallo
si trasforma il metallo;
se d’auree marche ibere
i mucchi possedessi;
e se d’ongare stampe
gravide l’arche avessi;
e s’Alcide fuss’io, sí che potessi
da le famose e preziose piante
carpir l’oro guardato;
se fossi Mida, ond’io
tutto in lucide verghe e ’n bionde zolle
ciò che tocco volgessi;
se fussi Enea, che dal pregiato tronco
ottenessi dal fato
sveller l’aureo germoglio;
e se fossi Giasone,
che di Colco portassi
de la spoglia di Frisso i ricchi stami;
o se Prometeo fossi,
cui non fosse vietato
rapir l’oro del sole e de le stelle;
anzi se fossi Giove,
sí che mi fosse dato
grandini d’òr diluviarti in grembo;
altra non comprerei, di gemme tante,
che del tuo duro cor l’aspro diamante.