che del gran vecchio il vomere corrente,
solcando il volto tuo di brutte rughe,
com’or crespa hai la chioma,
fará crespa la guancia.
Vedrò, vedrò, malgrado
di tanto fasto, un giorno
quegli occhi, ch’or sí lieti
spargon d’amor faville,
sparger, pentiti e tristi, acque di pianto;
lá dove questi miei, ch’or sí dogliosi
versano lagrimando amari fiumi,
verseran contro te fiamme di sdegno.
Folle! non vedi come
a momento a momento il ladro avaro
or un raggio, or un fiore,
or dagli occhi, or dal viso,
celatamente insidioso invola?
Né prima t’avedrai
del lento furto e de l’occulta preda,
che te stessa in te stessa
cercherai forse indarno.
Allor t’accorgerai d’aver perduto
scioccamente e donato
ad ingordo tiranno
quel ch’ad Amor negasti,
e che negasti a sí fedele amante.
Specchiandoti talvolta,
dirai: — Misera! or quale
strania forma m’ingombra? e qual s’avolge
intorno a la mia luce ombra nemica?
Infausta orrida larva,
vecchiezza egra infelice,
tu mi furi il mio pregio e fai ch’io muti
color, pensiero e stato!
Deh! perché non ho io
la bellezza primera?