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92 parte seconda

xxxiv

a un olmo

     Te di fronde e di fior vago ornamento
eterno copra, avventuroso stelo;
te nodrisca la terra e bagni il cielo
di soave rugiada e molle argento.
     In te l’aure e gli augei lieto concento
spargan volando entro l’ombroso velo;
da te di Cancro o di Scorpio arsura o gelo
non mai discacci il talor lasso armento.
     Né di fèra o di serpe artiglio o tòsco,
né di ferro o di turbo ira nemica
sieno al tuo tronco d’appressarsi audaci.
     Sotto i tuoi rami a la dolce ombra amica
colsi (e sassel quest’antro e questo bosco)
da la piú bella bocca i primi baci.


xxxv

la primavera e la vita pastorale

     Giá parte il verno, e la stagion senile
cede al nov’anno; giá di fior novelli
smalta Flora le piagge e gli arboscelli,
verdeggia il bosco e fa ritorno aprile.
     Esca, Siringo, omai dal chiuso ovile
la greggia ai paschi, ai tepidi ruscelli,
lá dove l’acque ognor, l’aure e gli augelli
armonia fan d’amor dolce e gentile.
     Rieda l’usato canto, il gioco, il riso:
ecco il vecchio Silvan l’antico pelo
di fior s’ingemma, in su l’erbetta assiso.
     Mira ch’ancor lassú lo dio di Delo,
fatto pastor, qual giá mirollo Anfriso,
infra ’l Tauro e ’l Monton si spazia in cielo.