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poi quelle in cui il M. si duole di incagli che gli vietano d’incominciare l’impressione (scritte forse quando il «verno» era giá sopraggiunto, e non s’era incominciato nulla), e finalmente le altre in cui dá notizia che siffatti incagli sono stati superati (probabilmente dei primi mesi del 162 il. Quanto alle lettere clxii-iii e clxv, in cui non si parla né di Sampogna né di Adone , è chiaro che le due prime furono scritte poco dopo (e la clxii forse contemporaneamente) la clxi, con cui si connettono, e che la clxv fu a dirittura inclusa nella clxiv (il «nepote», di cui si parla in questa, è per l’appunto Francesco Chiara). — Una questione insolubile ci si è presentata per la datazione della lettera clxxi, la quale è in istretta connessione con la clxvjii, e che, da un canto, le sembrerebbe anteriore, dall’altro, posteriore. Anteriore, perché nella clxxi il M. crede ancora prossima la venuta del Cardinal Maurizio di Savoia a Parigi, laddove nella clxviii è giá informato che il prelato non verrá piú: posteriore, perché nella clxviii egli chiede allo Scoto per la prima volta i quadri del Brandin, laddove nella clxxi accusa ricezione d’una lettera in cui l’amico gli promette che lo «avviserá del séguito circa i quadri del Brandino». Forse i primi editori hanno dovuto fare qualche confusione, e fondere, o nella clxviii o nella clxxi, due lettere in una. — Si comincia finalmente, come abbiamo detto, verso la metá del 1621 la stampa dell’Adone, la quale, a causa di parecchie interruzioni, dura circa due anni. Del successivo progresso del lavoro discorrono per l’appunto le lettere clxxii-v e clxxviii, le quali, quindi, debbono essere del 1621. Circa le altre due tra queste intercalate, nella clxxvi il M. accusa ricezione di un quadro del Palma, chiesto con la clxxii; perciò dovè scriverla nel medesimo anno 1621: la data della seconda ediz. della Galeria (anche 1621) ci permette poi di fissare con sicurezza quella della lett. clxxvii. — Quand’erano giá tirati ottanta fogli delY Adone, il M. fu assalito da una grave malattia, che lo tenne inchiodato a letto un periodo di tempo, che egli fa variamente ascendere a un mese e mezzo, due mesi e tre mesi. Parecchie circostanze, che sarebbe troppo lungo esporre, c’inducono a congetturare che tale malanno lo incolse nell’estate del 1622, e probabilmente dopo il 4 giugno di quell’anno (data sicura della lettera clxxix, nella quale il M. non accenna affatto alla sua infermitá). Conseguenza: le parecchie lettere in cui egli discorre del pericolo superato (clxxx-iii , clxxxv, clxxxvii), debbono essere dell’autunno