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piú per levargli l’occasion di mormorar contra lei che perché

10 creda Ch’Ella non l’abbia soddisfatto, come pur pare ch’egli borbotti; ché giá non m’è incognita l’ingorda costuma di questi pedoni, che vogliono poter carpir da piú bande. La qual terza scrittura di V. S. mi fa tuttavia nuove instanze ch’io discorra con piú lucidezza e con allegar le ragioni, sfidandomi quasi ad aperta disputa. Ma essa scrittura è tanto piú prolissa dell’ altre due prime che, essendo di quattro interi fogli, perde il nome di lettera ed acquistalo di trattato. Nella quale, oltre le perpetue deviazioni e trabalzi ch’affogano il principal soggetto e fanno dimenticarlo, il parlar per tutto in lode di sé ed in detrimento degli altri è il minor difetto che vi sia. Io veramente per le mie continove occupazioni, cosi di studi come di cura domestica, non posso, signor Roderigo mio, attendere a leggende, né far con V. S. quelle repliche e contrarepliche e bisrepliche le quali altri forse farebbe. Tanto meno, non avendone Ella bisogno, mentre la seconda risposta, che vorrebbe, si contien sofficientemente nella prima, la quale è simile alla mandola che sotto una cosa n’asconde un’altra, o, per dir piú proprio, s’assomiglia aH’ampolla di cristallo che fuori mostra di che dentro sia piena.

E come potev’io parlar con V. S. piú chiaramente di quel che feci, mentre dissi che le sue rime mi parevano inferiori assai a quelle del Tansillo e del Costanzo, e che io non dicevo piú avanti per non le recar dispiacere? Questa parola «assai», la quale io usai per significar tutta quella distanza che si trova essere dal grado supremo all’infimo, doveva interpretarsi dal discreto intendimento di V. S. e non da me, per non essere il dovere che chi avea fatto il testo facesse ancora l’odioso commento, non costumandosi fra coloro c’ hanno termine di civiltá

11 dire: «Questa cosa non vai niente».

Ora dunque di simil qualitá (per liberarmi in una parola) son le poesie di V. S., e niente apunto vagliono secondo il picciolo mio giudicio. Poiché in esse non si vede ordine alcuno, non facilitá, non dolcezza, non arguzia, non ispirito, non osservanza di grammatica, né cosa altra di dilettoso o d’attrattivo: