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diceva, ed il nostr’ unico partito contra i correnti disordini. Questo solo consiglio è buono e questo io do a V. S. nella sua dimanda, poiché Ella me n’ha tanto instigato non solo coi prieghi della sua lettera ma coll’ intercession vocale del padre provinziale sopradetto; perché altrimenti io mi sarei taciuto, come altre volte ho fatto ad altri richieditori in somiglianti occasioni. Il qual mio consiglio può da V. S. essere stimato fedele e cordiale (quale appunto Ella dice che ’1 brama), mentre io, avanti che lo dia a lei, lo prendo per me col non dar piú fuori nulla di poetico. Accettilo, signore, l’accetti con altretanto amico consenso con quanto buona volontá io lo porgo. Facciamoci pur cauti colla ruina di tanti sventurati, né vogliamo imparare a nostre spese ove il potemo fare a costo d’altri ; ché per certo, quando gli sperimenti son dubbiosi e di rischio, piú saggio è colui che crede per non voler provare, che non è colui che prova per non voler credere. Finisco e per fine le bacio le mani.

Di Matera, 4 di marzo 1636.

LXXVIII

Al medesimo


Risposta seconda Intorno allo stesso argomento

Mandommi V. S. le sue rime con una lunga lettera, pregandomi a veder quelle ed a dargliene parere, cioè se esse Fissero per conseguire alcun de’ primi luoghi nella nostra lingus o pur fussero per restare in alcun degli ultimi. Alla qual lettera io feci una risposta che, per quanto io stimo, poteva pienamente bastare. Di nuovo V. S. mi replicò con un’altra piú lunga, dicendo desiderar ch’io le parlassi piú chiaramente e con prove. A questa seconda io non risposi. Ma ultimamente mi veggo da V. S. venir la terza, inviatami per uomo a posta, il quale (per tal segnale) io ho pagato del mio. L’ho, dico, pagato,