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siete divenuto tanto puntiglioso. Ma se cosi è, dovereste sapere che tutti i maestri di quest’arte tengono communemente che ella si versi sopra due cose: dico sopra fatti e sopra parole. Perché, se si versasse solamente sopra fatti, il dar, per esempio, una mentita non sarebbe né ingiuria né ripulsa d’ingiuria; e se si versasse solamente sopra parole, le percosse e le ferite non ingiurierebbono né leverebbono ngiuria. Stante questo fondamento ch’è realissimo, io vi fo vedere che contra il Marino non mi bisognavano fatti, ma parole, con parole. Esso m’ha biasimato nelle sue opere stampate per ignorante e per tristo. All’avermi biasimato per ignorante io gli ho risposto coll’ Occhiale, facendogli conoscere che l’ ignorante sia egli medesimo. All’avermi biasimato per tristo io gli ho risposto col prenominato Scherzo di Parnaso, mostrandogli parimente che il tristo sia egli istesso. Cosi ho ribattuto dispute con dispute ed oltraggi con oltraggi, con chiarire ch’io mi sappia risentir per tutti i versi e che nel compor satirico non vaglia meno di lui. Né dubbio deve essere ad alcuno che, se con parole si può offendere, con parole si possa anco difendere. Il che se voi non sapete fare, abbiatevi pazienza e non riprendiate chi farlo sa; ma piuttosto scusatevi, dicendo che nello scrivere burlesco non avete talento o genio, e che non ognuno è atto ad ogni cosa, ma tutti insieme siamo atti a tutte. E per fine vi bacio le mani.

Di Roma, primo di marzo 1628.

LIX

Al signor conte d’Olivares, a Madrid


Invia il Mondo nuovo.

Mando a V. E. per mezo del piego del signor conte di Monterey due copie del mio Mondo nuovo nuovamente stampato, acciocché una Ella sia servita di tenersene per sé, e l’altra, insieme colla lettera che le sta allegata, faccia avere alla Maestá del re nostro signore, a cui il volume è dedicato e da cui io pretendo alcuna mercede, non giá per questo, per la dedicazione (della