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prestamente di me, e tirommi una coltellata sul braccio destro in tempo ch’io avea meza la spada fuor del fodero. Io, per lo calor dell’ira sentendo poco la ferita, finii di cacciar mano e tirai una stoccata verso lui. Questa gli fu pienamente parata dalla spada del Giavardi, che tenea gridato: — Fermate, signori! — e simili altre parole che suol dir chi partisce: siccome ancora l’istesso diceva il Querenghi con un pistoiese in mano, il quale egli è solito di portar sotto la toga; standosi il Tagliaferro da parte a vedere, per non aver arme veruna. Tirammoci alquanti altri colpi, de’ quali io non posso ricordarmi distintamente per l’alterazion dell’animo ch’allora mi teneva occupato; ma sempre mi parve d’osservar ch’a lui tutte le mie botte erano parate dai partitori ed a me le sue arrivavano libere, sicché bisognava che me le parassi io medesimo col mio pugnale. Finalmente il Davila, vedendomi troppo risoluto e non bastandogli, oltre l’aiuto de’ compagni, Tesser egli ingiaccato, dove per opposito io era in camicia, cominciò a ritirarsi indietro, ed io ad incalzarlo fortemente con ferma intenzione o d’ucciderlo o d’esserne ucciso. Arrivossi al canale d’una cisterna, dove, fallendo a me un piede, io caddi con un ginocchio in terra. Allora il Davila, ripreso animo, venne innanzi e mi trasse, senza che i due glieT impedissero, una profonda stoccata, la qual mi colse da quattro dita sopra la mammella diritta e, passandomi il petto di canto in canto, m’usci dall’altra banda sotto alla spalla pur diritta, con ben due palmi di spada fuori. In quel suo venire innanzi, io gl’ investii di punta nella gamba mancina; e, per quanto ora mi dice il Simonetta, che ha medicato me e lui, la ferita fu con notabil toccamento di nervi, si che corre perieoi di stroppio. Fatto ch’egli ebbe il gran colpo suddetto, credendosi d’avermi in tutto ammazzato, non ricoverò Tarme ma me la lasciò confitta nel corpo, e se n’andò via zoppicando in compagnia del Giavardi e del Querenghi.

Il peso della guardia della spada nemica fini di farmi cadere in terra del tutto a faccia in giú; ma subito io fui aiutato, e mi levai reggendo con ambedue le mani mie Tarma dell’avversario. Andai coi miei piedi, cosi infilzato com’era, alla piú