Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/250

non può negarsi per le reliquie che si veggono, che dopo tanti secoli ancor si conservano.

Terzo, le terme di Diocleziano furono senza amplificazione quattro volte maggiori di San Pietro; la qual cosa si dimostra coll’occhio. Percioché dalle reliquie si vede che il mezzo delle terme era appunto dove ora è l ’aitar maggiore di Santa Maria degli angioli, chiesa oggidí de’ certosini. Quindi per lunghezza si estendevano, occupando tutta quella piazza grandissima ch’ancor conserva il nome antico, e giungevano verso mezzodí non solo alla chiesa di San Bernardo (la quale era una delle botti dell’acqua, insieme con quell’altra fabrica, somigliante a lei, della vigna di Montalto), ma andavano assai piú oltre, in guisa d’un teatro, da una botte all’altra: il che si vede dalle reliquie, che vanno verso il Quirinale, le quali V. S. non avrá vedute, perché oggidí son dentro a certe vigne. Dalla parte di settentrione si estendevano indietro per altrettanto spazio quanto è dal sudetto aitar maggiore al fine del sudetto quasi teatro. A levante occupavano un pezzo della vigna esquilina di Montalto, dove oggidí si vede sotto terra un’altra botte bellissima e grandissima; e da ponente si stendevano sino all’Acqua Felice di Sisto. Il qual giro, tutto ’nsieme, abbraccerebbe indubitatamente quattro volte San Pietro. La qual grandezza diede occasione ad Ammiano Marcellino, il qual parla da istorico, non da oratore o da poeta, di dire, come sa V. S.: «Lavacra in modani provinciarum exstructa» ecc., ed a Cassiodoro: «mirabilem magnitudinern thermarum».

Inoltre il palagio di Nerone, il qual, secondo me, fu la meraviglia delle meraviglie, toglie ogni proporzione al paragon di cui ragioniamo. «Dornum a Palatio Esquilias usque fecit», dice Svetonio di quel principe, al capo, se ben mi ricordo, xxxi. Il qual sito ho giá piú volte osservato coll’occhio, mirando dal Palatino a Santa Maria maggiore, il quale spazio per lunghezza occupa piú d’un miglio infallibilmente. La larghezza è descritta dal medesimo Svetonio. «Tanta laxitas, ut porticus triplices milliarias haberet». «Porticus triplices», cioè logge a tre doppie, o tutte al piano distinte in colonati a guisa di tre navi, overo, com’io intesi sempre quel luogo, una loggia sopra l’altra d’un miglio: la qual cosa, a pensarlo solo, mi fa restar attonito; e pure è vera. La quale casa aveva in sé campagne e vigne e selve e «stagnum maris instar, circumsepturn edificiis ad urbiuni speciem» ecc., se ben mi ricordo le parole del medesimo. E tanto basti della grandezza.