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CLXVI

Di monsignor Cesare Fachinetti

Nel procinto di partire, prende novellamente commiato.

Io sono col piede in galera, né so staccarmi dal porto di Genoa senza rinovare a V. S. la memoria de’ miei oblighi e la professione che faccio di suo parzialissimo servitore. Se io goderò nel viaggio le felicitá ch’Ella mi prega e nei miei negoziati la fortuna che V. S. mi pronostica, io mi porterò alla corte sanissimo e sentirá l’Europa propizi i frutti della mia missione. Piaccia a Dio che, si come Ella è superiore a tutti di sapere e d’ingegno, sia anco presago cosi efficace che, superando la malignitá e durezza de’ tempi, renda conseguibile con la forza de’ suoi presagi quel bene che per nostra disgrazia par quasi disperato.

Genoa, li 29 giugno 1639.

CLXVII

A Ghino Ghini


Sull’efficacia dei medicinali.

Il nostro corpo non è considerato dai medici sotto la forma di quell’essere che egli ha commune colle pietre, né sotto la forma di quell’essere sensitivo ch’egli ha commune con gli altri animali; ma sotto la forma di quell’essere intellettuale, in virtú del quale partecipa dell’angelico e del divino; ma sotto la sola forma di quell’essere vegetale per mezzo dql quale communica con le piante, la vita delle quali non è altro che il nudrirsi, come anco in noi il vivere è nudrirsi. E perché due cose sono quelle che ci nudriscono, l’una per sé e l’altra per accidente, per sé il cibo e per accidente i medicamenti ; i medici in grazia del viver nostro considerano questi dui mezzi, medicamento e cibo. Il primo de’ quali, come dissi, ci nudrisce per sé, peroché