Pagina:Marino, Giambattista – Epistolario, Vol. II, 1912 – BEIC 1873537.djvu/233

signor Achillino. Io non so scrivere senza lodare il gran merito di lei, né so applicarmi ad azione virtuosa senza prima propormi per idea le gloriose perfezioni del suo ingegno; né per quanto io studi di avanzarmi sovra gli altri nella fede verso gli amici e nella sinceritá, termino però le mie sollecitudini e i mie’ voti nel supplicare Dio benedetto che, quanto mi godo d’essere a V. S. in tutte le altre cose inferiore e lontano, me le faccia solamente eguale nella ingenuitá e nella schiettezza, supplicandola di credere a questa mia confessione e di proteggere coi consegli presentemente mio fratello, come con le opere ha sempre favorita questa sua parzialissima casa. Dio benedetto la conservi felice, ch’io fratanto mi resto col baciarle cordialissimamente le mani.

Di Roma, 28 ottobre 1637.

CLIX

Al cardinale di Richelieu


Invia un’ode per la nascita di Luigi decimoquarto.

Quando il re venne a Susa, io con una lettera panegirica e con un sonetto, che principiava

Sudate, o fochi, a preparar metalli,

feci riverenza alla Maestá Sua; e so che il sonetto fu particolarmente gradito e favorito da Vostra Altezza, alla quale non spiacquero quegli ultimi versi :

ché se Cesare venne e vide e vinse, venne, vinse e non vide il gran Luigi.

Or che la nascita del delfino trappassa tutte le occasioni d’allegrezza imaginabile, ho rotto il mio lungo silenzio con l’oda qui congionta, e vengo a supplicar l’Altezza Vostra che voglia farmi grazia di leggerla al re; ché so che acquisterá piú di credito dalla sua lingua che non ha fatto dalla mia musa. Nella