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Giuro a V. S. che in un punto mi è caduta la lettura dagli occhi, la consolazione dal cuore, il libro dalle mani, perché, invogliato dei progressi di don Giovanni, ho veduto mancarmi la speranza nel piú bello. Io per me credo che la republica degli amanti delle istorie, se pensasse di colpire, spedirebbe ambasciatori al signor cardinale perché continuasse il filo di si care e di si belle fatiche; fatiche portate con tanta nobiltá, che da loro si scorge la nobiltá del sangue di chi le compone. Volesse Dio che un giorno si rinovasse quel Pio secondo, che alla chiarezza de’ natali congiunse anch’egli la chiarezza di quell’aureo stile. A fé, che verrei volando a Roma per baciar non men quel piede che quella mano che opera si eloquenti miracoli. Ed a V. S. bacio le mani.

[1632].

CXLIV

Al medesimo


I ntorno allo stesso argomento.

Torno in questo punto dai colli deliziosi del Sasso, dove quelle bellissime viste mi baciano gli occhi di loro innamorati. Ma, subito giunto, una piú cara vista m’ha baciate le pupille dell’anima, e questa è stata la nobile e non piú veduta chiarezza con che il Cardinal Bentivogli ha spiegate le storie di Fiandra. Queste ho io nello stesso articolo del mio ritorno divorate per un’ora con occhi avidissimi di cibo si peregrino. O Dio, che veritá senza fuoco, che maestá senza latiboli, che raggi senza nuvole, che gemme legate in gemma! Qui la storia, quasi stolata matrona, senza quel liscio e senza quella prodigalitá di lumi che abbagliano il vero delle sue bellezze, si fa sinceramente e gloriosamente vedere. Io con beata schiettezza dico a V. S. che non ho parole bastevoli all’espressione di quei concetti, che si altamente ho formati della gran penna di si gran scrittore, il quale per rompere i confini del tempo non ha bisogno che le mie lodi gli servano di passaporto all’eternitá;