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Però tu, che si dotto e si sublime a l’eterne sirene insegni i canti e a l’armonia degli organi stellanti dai silenzio e stupor con le tue rime,
di gloria indivisibile consorte, con Torme del tuo piè stampando luce; tu, di te stesso e tramontana e duce, varchi lá su, dove non giunge Morte.
La tua man si famosa a’ tempi nostri dovea tra Talte menti trattenersi a trattar cieli e non componer versi, e volger stelle e non stillar inchiostri.
I numeri canori, i metri ornati, le melodie dei lirici concenti, quasi sotto alto ciel bassi elementi, sotto a la penna tua stanno prostrati.
E le muse celesti ed immortali sono elitropie al sol del tuo pensiero, e, innamorate del tuo merto vero, son le lodi e le glorie alte rivali.
Incognito son io; ma pur vorrei scoprirmi a la tua luce e farmi illustre; e salendo al tuo ciel, vapore industre, tento far d’oro i precipizi miei.
Scrivi, Achillin, ne la tabella altera di tua memoria il nome mio perduto, ch’uscirá dal sepolcro ov’è caduto, e l’alba mia non vedrá mai piú sera.
Un atomo divoto e riverente entro a la sfera tua loco ritrovi, o tante in me delle tue grazie piovi ch’io vaglia a uscir dal cupo orror del niente.