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fame, manomesse da’ stranieri, esterminate dalla pestilenza, esauste d’abitatori, piene solo di cadaveri e di spavento, sempre moribonde in persona de’ loro figliuoli e oggimai nelle frequenti sepolture sepolte? dove la solitudine atterrisce, il commercio avvelena, la vista de’ piú congionti trafige, il timore è prevenuto dal danno, la malatia non aspetta il rimedio, il sonno è dalla morte interrotto? Ma finalmente questi accidenti, benché irreparabili e crudeli, o per la lontananza non giungono a ferirmi sul vivo, o per esser communi non sono ricevuti da me per oggetto violento del mio privato dolore. Ma la perdita degli amici, questa si che mi divelle il cuore dal petto e l’anima dal cuore. Voi sapete, signor Claudio, in che sterilitá di sincere amicizie l’umana malvagitá ci ha ridotti; ed io, benché di voi piú giovane assai, tuttavia, come piú essercitato dalla fortuna e posto in luogo da cimentar ogni di la fede perfida di certi mostri di corte, non ho ramarico con cui pareggi il danno che ricevo dalla morte d’un vero amico. Vado però ricercando le reliquie di quelli che mi rimangono fuori di Roma, per riconoscer negli avvanzi delle mie dissipate speranze l’oltraggio di questo secolo contaminato; e con l’animo corro a voi subito, come a centro de’ miei piú curiosi pensieri. Cosi merita il valor vostro, il quale, si come ha giá domata l’invidia, cosi potrebbe reputare a sé inferiori tutte le piú vive dimostrazioni d’affetto, quando fossero una perfetta imagine e non piú tosto una semplice bozza del cuore.

Or dite, signor Claudio, come la fate in tante miserie della vostra patria? con che animo mirate nel bel corpo di cotesta nobil cittá le piaghe mortali che cosi spesse v’imprime la pestilenza? parvi ch’abbia saputo la previdenza che ci governa destarne dal letargo che n’opprimeva? Sconsolata cittá, giá vera scuola di magnificenza e di dottrina, ora teatro di sciagure e di morti! «Sepulcrale» noma Galeno una certa sorte d’uccelli, perché sul capo porta una imagine di sepoltura: con che ragione non diremo noi «funesta» la Lombardia, se ad ogni passo la terra s’apre in voragini funerali, e prova anguste nonché angustiate le viscere per l’ innumerabil numero de’ cadaveri