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CARTEGGIO 165

lo star in casa sua è cosa desiderabilissima e beato può dirsi chi, lontano dall’ambizioni cortigianesche, vive vita tranquilla e scarca di quelle cure che veramente infelicitano l’uomo; tuttavia al libero e vivacissimo ingegno di V. S. non mi pare assai proporzionata stanza Bologna. Io non dico ch’ella non sia cittá illustrissima e augustissimo teatro, nel quale in cospetto affatto di gente straniera Ella potrá sempre far gloriosa mostra del suo valore; ma dico che, se costi avrá molti conoscitori delle sue rare virtú, in Roma n’avrá e conoscitori e riconoscitori, che potranno portarla a quei gradi e a quelle onorevolezze che dal molto suo merito le sono promesse e da tanti amici e servitori suoi augurate. Io so ch’il Tebro in quelle parti non fu giamai veduto correr limpido e cristalino; ma so anco che le sue torbidezze non sono a lui naturali, ma, per lo concorso di tant’altri fiumi e rivi che a gara precipitano da’ monti per unirsi seco, egli si rende torbido ed oscuro, come V. S. canta nel suo dolcissimo sonetto. E che Tonde di questo nobilissimo fiume non siano per natura tali, V. S. avrá potuto vedere in Roma; ché, a chi vuole usarle, in pochissime ore elle divengono limpidissime e per aventura tanto eguali in chiarezza quanto superiori in salubritá a quell’acque che, nella villa da lei descrittami, fanno col bel lor mormorio grazioso tenore al leggiadro contrapunto de’ lascivi augelletti.

Signor mio, il tempo fa di gran cose. V. S. è commoda in casa sua, onorata nella sua patria, in essa vive quieta, amata da tutti ed ammirata da chiunque ha notizia di quanto Ella vale. Con tutto questo, fra il signor Achillini e Roma mi par che sia tanta conformitá che il signor Achillini non sia tale fuor di Roma, e Roma priva del signor Achillini o non sia Roma overo priva di particolarissimo ornamento. Io sono a V. S. servitore per certo inutile, ma però di grandissima osservanza e di affezione singolare; e perciò, se prorompo in qualche impertinenza, mi scusi, di grazia, ascrivendo il tutto ad eccessi d’amore e di devozione. Con che di vivo cuore le bacio le mani, e prego da Dio ogni bene, con mutazione di pensiero.

[1621?].