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di V. S. illustrissima. Né pretendo giá di manifestarlo o d’ introdurlo, perché nel primo la fama e l’eccellenza delle sue composizioni m’hanno di giá prevenuto, e nel secondo le generose accoglienze di V. S. illustrissima in questo punto mi prevengono. Professo dunque solo in questo ufficio di sottentrar a parte di tutti quegli oblighi ne’ quali lo porranno i favori di V. S. illustrissima; la quale, come signore di finissimo giudizio negli affari poetici, non potrá, mi cred’io, non maravigliarsi che il signor Fulvio nell’aurora, per cosi dire, della sua etá abbia avanzati di splendore gli Appollini dell’arte. E qui, supplicandola a continuarmi la sua bramata grazia, le faccio umile riverenza.

Di Ferrara, li 22 aprile 1617.

LVI

Di Girolamo Preti

Della reputazione che gode l’Achillini in Roma.

Il signor Gasparo Ercolani non vorrebbe ch’io facessi leggere il sonetto di V. S. nell’academia, ed io son pertinace di voler farlo. Anzi egli sarebbe stato letto a quest’ora, poiché m’ha promesso di leggerlo un academico il qual recita con garbo singolare; ma per mala fortuna egli non venne a tempo nell’ultima radunanza che si fece domenica passata. Ma nella prossima si reciterá senz’altro, se però il signor Gasparo non mel vieta con autoritá piú che tirannica. Egli è uno de’ piú nobili componimenti ch’abbia mai fatto l’arte poetica; onde non so con qual ragione V. S. possa o voglia celarlo. Ma giá non si può ascondere, poiché giá è stato veduto da questi ingegni in buona parte; i quali, benché sieno di quella setta che non fa mai le sue bisogne senza serviziale, con tutto ciò l’hanno ammirato per mia fé, e confessano che lo ’ngegno del signor Achillino è mostruoso oggidí. Però V. S. non si può ascondere, poiché Ella è conosciuta, e vanno attorno per Roma molte sue composizioni, delle quali ho avuto copia da persone ch’Ella non ha