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da molti cari amici chiesta la copia, l’ho negata a tutti; percioché se bene il bello e ’l bene è per se stesso naturalmente communicabile, di questa bellezza nondimeno voglio io esser tirannicamente solo il goditore. Supplico perciò V. S., per quanto ha cara la mia servitú e se ama ch’ io viva, che voglia dar l’ultima mano all’altra figura quanto prima (ché so bene che in lei con la eccellenza dell’arte si accoppia l’agevolezza e la prestezza del fare), assicurandola che non aspettai mai cosa con altrettanta sollecitudine d’animo in questa vita; e mettasi a conto degli altri oblighi miei.

V. S. scusi il carattere e condonilo alla fretta ed al disagio del letto. Nostro Signore la feliciti come Ella disidera e merita.

Di Roma [1604].

XXXIII

Al medesimo

Ringrazia l’imperiali dell’invio di venti palmi di velluto e raso, e attende dal Castello una figura.

Ancor me ne giaccio in letto, come scrissi a V. S.; se bene spero che risolvendosi un gonfiamento che mi tiene impedito, secondo che mi dicono i medici, potrò fra quattro o cinque giorni levarmi.

Ho ricevuto dal signor Yialardi li venti palmi di velluto insieme col raso, e ne ringrazio il signor Imperiali con la inclusa, la qual priego V. S. a presentarle ed oltracciò a supplir di sua bocca, rappresentandogli l’obligo mio e la divozion che le porto.

Aspetto la figura promessa con tanto sfinimento d’animo che mi par miU’anni vederla. E scusi V. S. la mia ingordigia, percioché io stimo piú una linea della sua mano che tutti i tesori del mondo. Sia lunge l’adulazione e la cortigianeria, perché glielo dico con quella semplicitá che m’insegna l’affezione e la servitú che le porto.

Nostro Signore la contenti e feliciti conforme al mio disiderio ed al suo merito.

Di Roma [1604].